Qui pianeta catasto...

 A cosa serve - Tutto ciò che riguarda la gestione delle ricerche speleologiche ha come base fondamentale una corretta e puntuale corrispondenza tra quello che di una data cavità si conosce e quello che risulta in un archivio consultabile dagli altri soggetti interessati (magari tra cinquant’anni) a lavorare sulla stessa cavità o sulla stessa zona. Se vogliamo fare il salto di qualità che distingue chi va per grotte (onorevolissima attività, peraltro) da chi studia le grotte (anche senza eccessive pretese scientifiche) dobbiamo rassegnarci al fatto che i frutti del nostro “lavoro” vanno accuratamente documentati.
Lo scopo di questo impegno, a volte noioso, è quello di evitare di sprecare tempo ed energie senza lasciare ad altri la possibilità di ripartire da dove noi ci siamo fermati; da buoni individualisti risponderete immediatamente “cosa ce ne frega degli altri?”, semplice, a turno capita anche a noi di essere gli “altri” e di avere bisogno di dati che altrimenti ci toccherà raccogliere da soli (cosa abbastanza noiosa) anche se sappiamo che sono già in possesso di chi ci ha preceduto (cosa estremamente irritante).
In parole povere, se vogliamo praticare in modo serio la speleologia in una data area abbiamo bisogno di un catasto funzionante ed aggiornato, e questo vale a maggior ragione quando in quell’area agiscono più soggetti in competizione (si spera amichevole).
Altro esempio: se amiamo le grotte e abbiamo bisogno che le istituzioni si occupino della loro protezione non possiamo prescindere dall’uso di uno strumento come il catasto. Anche il semplice speleoturista ha bisogno che qualcuno prima di lui abbia lasciato descrizioni, itinerari, rilievi e altre notizie relative alle grotte che vuole visitare, salvo affidarsi alle nozioni tramandate per via orale di padre in figlio.
Il catasto è una sorta di anagrafe in cui vengono archiviati tutti quei dati che permettono di identificare in modo inequivocabile una data cavità e tutti gli elaborati (testi, grafica, cartografia) che illustrano lo stato dell’arte per quanto riguarda esplorazioni e ricerche in quella cavità.
Purtroppo questo utile database si è spesso tramutato in pomo della discordia tra i diversi gruppi speleologici che, per motivi vari (gelosie reciproche, sospetti su piccoli e grandi abusi, diffidenze, ripicche stratificate, questioni di prestigio), ne hanno in certi casi impedito il buon funzionamento; ovviamente ne hanno anche ricavato ben poco e, come sempre avviene in questi casi, ci si rimette tutti. Solo da pochi anni il catasto ha la possibilità di diventare uno strumento agile ed efficace, grazie soprattutto alle esperienze accumulate nel passato ed all’aiuto dell’informatica.
Purtroppo molti dei dati tramandati dalle precedenti generazioni di speleologi sono di scarsa utilità e, talvolta, di dubbia attendibilità; oggi si tende (da parte dei curatori catastali) ad essere molto più esigenti e selettivi quando si tratta di acquisire dei dati catastali raccolti da appassionati che hanno poca dimestichezza con queste problematiche. Cercherò di dare qualche consiglio che potrebbe permettere agli esploratori di produrre delle schede catastali in grado di superare brillantemente (o quasi) l’esame del più severo curatore catastale, facendo perdere meno tempo ad entrambi; in realtà si tratta di concetti quasi universalmente condivisi da chi si occupa di catasto, ma ho la netta impressione che molte cose anche banali siano ignote alla maggior parte degli speleo. 
1) L’identificazione della cavità non deve lasciare alcun margine di dubbio, tutti i particolari che permetteranno a chi la visiterà in seguito di riconoscerla vanno indicati nella scheda catastale: descrizione e schizzo (o foto) dell’ingresso, eventuali sigle (a spray, targhette apposte) attribuite, itinerario da seguire e quant’altro possa ritenersi utile; questo lavoro diventa ancora più necessario se siamo in una zona ad alta densità di grotte.
2) Se esiste un nome locale attribuito alla cavità va tassativamente usato, in questo caso sono proprio fuori luogo i nomi inventati, i nomi di fantasia oggi molto di moda (un tempo non erano affatto tollerati, ed anche adesso sarebbe bene non abusarne) hanno una giustificazione quando ci si trova in aree ad alta densità di grotte e per attribuire un nome sensato saremmo costretti ad usare denominazioni del tipo: “1° Grotta nei pressi della baita XY” ... “23° Grotta nei pressi della baita XY” e così via...
3) Il posizionamento sulla cartografia esistente deve essere il più accurato possibile, bisogna imparare a sfruttare tutte le possibilità offerte dalla realtà topografica circostante e tutte le tecniche utili allo scopo: triangolazioni (verso più punti possibile, cercando di fare in modo che non si trovino tutti all’incirca nella medesima direzione); altimetro (occhio alle brusche variazioni atmosferiche, controllare la taratura il più spesso possibile lungo il tragitto); poligonali esterne (è questa la soluzione migliore quando ci sono dei punti chiaramente identificabili sulla carta vicini al nostro ingresso, bisognerebbe usarla sempre quando ci sono molti ingressi vicini tra di loro); posizionatore satellitare (GPS) sistema ipertecnologico utile solo se ci accontentiamo di una precisione limitata, costa comunque ancora più di quanto la maggioranza dei gruppi speleo sia disposto ad investire, e i risultati (per vari motivi) non sono proporzionati alla spesa.
Problemi Cartografici - Per evitare malintesi sul calcolo delle coordinate è necessario allegare una fotocopia della cartina utilizzata evidenziando l’ubicazione dell’ingresso (con indicazione dell’anno di pubblicazione della cartina stessa, poiché esistono a volte notevoli spostamenti tra le griglie delle diverse edizioni); è bene indicare oltre alle coordinate chilometriche (Gauss Boaga) anche quelle geografiche nel sistema italiano (I.G.M. Monte Mario). La cartografia attualmente più indicata è la Carta Tecnica Regionale 1:10.000, che permette maggiore precisione rispetto alle tavolette 1:25.000, inoltre in genere è più aggiornata ma, ahimè talvolta anche meno accurata.
Se sono reperibili carte tecniche e/o mappe catastali in scala 1:1.000 oppure 1:2000 possono essere molto utili per i posizionamenti reciproci degli ingressi di cavità potenzialmente collegabili o per potere distinguere facilmente grotte vicine molto simili morfologicamente, c’è il caso limite della Grigna in cui l’incredibile concentrazione di cavità carsiche ha convinto 
 gli speleologi che la cosa migliore da farsi era di topografare tutta l’area esterna producendo una cartografia geo-morfologica 1:1.000 ad hoc. Cavità in miniera - Purtroppo su questo argomento ci sono diversi casi in cui la soluzione non è semplice e mancano delle linee di comportamento universalmente accettate; normalmente si comunicano le coordinate dell’ingresso di miniera più “logico” (quasi sempre le miniere hanno numerosi 
 ingressi) per arrivare alla cavità naturale, cosa che si presta a valutazioni soggettive: sceglieremo quello con l’avvicinamento esterno più comodo oppure quello con il tragitto interno più breve? Quello che ci consente il percorso più sicuro o piuttosto quello che ci darà meno problemi di autorizzazioni e chiavi per l’accesso? E se nella stessa miniera si trovano diverse cavità simili tra di loro come faremo a distinguerle visto che entrambe sono a catasto con le stesse coordinate? Quale comune indicheremo nella scheda catastale? Quello nel cui territorio si apre il cosiddetto ingresso di miniera più “logico” oppure quello in cui si trova il contatto tra cavità artificiale e cavità naturale (sempre che ne esista solo uno). In provincia di Bergamo abbiamo il caso di due grotte catastate con le stesse coordinate (ci si arriva dallo stesso ingresso minerario) registrate sotto due diversi comuni. Come farà il curatore catastale a scoprire che la cavità “X” per la quale avete fornito le coordinate riferite all’ingresso minerario che conoscete voi è in realtà la stessa cavità che vent’anni prima un altro gruppo aveva catastato chiamandola “Y” (magari senza rilievo) e indicando le coordinate di un altro ingresso minerario ora impercorribile? E come farete voi a valutare se è realizzabile una giunzione tra il vostro abisso appena trovato in mezzo al bosco e la sottostante grotta in miniera di cui non conoscete l’esatta posizione geografica?
In attesa che siano indicate possibili soluzioni da parte di chi si occupa di catasto a livello nazionale io penso che ci siano due sole scelte: fare una poligonale interna della miniera che permetta di calcolare anche le coordinate reali dell’ingresso della grotta oppure procurarsi (se ci si riesce) la cartografia mineraria da cui ricavare gli stessi dati, da allegare poi in copia a corredo della scheda catastale.
Giorgio Pannuzzo